Brevi cenni di storia Originariamente nel punto di confluenza tra il rio Cavallero(1)ed il torrente Sessera sorgeva una cappelletta con atrio, mantenuta dai pastori degli alpeggi circostanti e che serviva loro anche da ricovero. Secondo le fonti del luogo, per essa i pastori si erano impegnati a donare il primo vitello nato da ogni giovenca. La leggenda racconta che nel 1678 la Madonna apparve qui ad una ragazza sordomuta, Antonia Angelino da Grisa (detta “la Toniola”), ridonandole miracolosamente la parola e l’udito. [Foto del dipinto dell’apparizione] Dipinto murale di Pietro Lace di Andorno che rievoca l’apparizione miracolosa della Vergine alla pastorella. E’ visibile la scritta “Sic vidimus eam anno 1678 – Eam et nobis” (“Così l’abbiamo vista nel 1678 – A gloria Sua e nostra”) Per commemorare questa grazia, qualche anno dopo gli abitanti di Coggiola iniziarono a realizzare una chiesa dedicata a Marie ad Nives, la “Madonna delle Nevi” e nel 1692, come attestato dai documenti della Visita Pastorale, le parti murarie furono pressoché completate. La realizzazione di una chiesa su di un luogo già sacro, che ne conserva però la topografia ed i valori primitivi, è un intervento in linea con la politica della Controriforma e piuttosto comune nel Biellese e nella Valsesia di questo periodo. Fin da subito l’oratorio del Cavallero venne affidato ad un eremita in possesso di “patente vescovile”(2) : questa figura rimarrà custode del santuario fino alla fine del 1800. Nel corso del secolo successivo il Santuario, ormai insufficiente ad accogliere i visitatori, venne progressivamente ampliato attraverso nuove opere architettoniche. Negli anni 1730-1734 fu aggiunto il porticato adiacente all’ingresso principale e la relativa galleria superiore. Nel decennio 1756-1766 si aggiunsero le camere ed il salone con il soffitto in cassettoni di noce, affrescato nella seconda metà del 1800. (1) Il termine Cavallero ha origine incerta: potrebbe derivare da “cavaller”, nome che indicherebbe la passerella antecedente all’attuale ponte, oppure dalla soprastante frazione di Rivò, dove i Principi di Masserano tenevano i cavalli. (2) Nel 1692 Alberto Aprile era l‘eremita designato dal Vescovo.
L’architettura
La struttura del complesso Il Santuario è composto da una chiesa del seicento intorno alla quale si sviluppano diversi ambienti aggiunti nel corso di successivi ampliamenti che rendono la struttura piuttosto articolata. Tra questi: le stanze dell’eremita, la galleria degli ex-voto, il salone e le camere. [Foto esterno] Vista del santuario del Cavallero dalla piazza-ponte, con la cupola, il campanile e l’abitazione dell’eremita. Il complesso architettonico è stato eretto tra XVII e XVIII secolo.
La chiesa La chiesa, in stile barocco piemontese, è a forma di croce latina e sormontata da una cupola a calotta sferica impostata all’incrocio tra la navata unica ed il transetto, di lunghezza rispettivamente di 23,50 m e 12,50 m. Il presbiterio è più stretto della navata. La sua volta, posta ad una quota più bassa è raccordata con il livello della cupola con un arco finemente dipinto e decorato. [Planimetria con legenda] L’interno è tuttora ornato da stucchi valsesiani realizzati da artigiani sconosciuti, mentre i dipinti delle pareti e della volta sono del pittore Pietro Lace di Andorno. [Foto] La scritta G.P.F.F. 1698 sulla volta affrescata del presbiterio indica probabilmente le iniziali del committente e l’anno di ultimazione. [Foto dell’interno] L’interno della chiesa è decorato da dipinti e da pregevoli stucchi valsesiani. In origine i due fulcri sacri della chiesa seicentesca erano l’altare maggiore (che ospitava una statua lignea della Madonna) ed il tabernacolo (dove ogni 5 agosto veniva esposto il Santissimo in occasione della festa della Beata Vergine della Neve).
Gli altari L’altare maggiore, già presente nel 1692, sosteneva la statua in legno dorato e dipinto raffigurante la Vergine col Bambino, il cui autore è incerto (3). [Foto altare]: Le cariatidi che sostengono l’architrave, le colonne e l’ancona mostrano influenze valsesiane. Nel 1732, la statua venne nuovamente indorata e la Vergine ed il Bambino furono incoronate con due corone di rame argentato da Pietro Paolo Aymone quale maggior offerente. Alla solenne cerimonia partecipò un “ben numeroso e decoroso clero […] oltre un gran concorso di popolo si d’contorni et de altri luoghi” (Libro dei Conti): furono due giornate di festa, con musica, canti e giovani vestiti da angeli. (3) La statua viene attribuita agli Aureggio-Termine di Biella da Lebole D., ed a Giovanni Mainoldo da S.Stefani Perrone.
[Foto base cupola]: l’uomo che si sporge dalla balaustra affrescata alla base della cupola è quasi sicuramente un Aymone: questa famiglia di avvocati, notai, ecclesiasti faceva parte dell’oligarchia locale e furono tra i principali committenti e patroni del Santuario. L’altare laterale di S. Giuseppe, posto nella nicchia a nord, venne realizzato nei primi decenni del 1700 e la statua vi fu trasportata solennemente nel 1743, dove fu incoronata da Paolo Pietro Aymone. Essa era stata scolpita nel legno da un artista ignoto nel 1735, dorata dall’artigiano valsesiano, Martello nel 1741. [Foto altare S. Giuseppe]: L’altare di S. Anna, collocato a sud, deve essere contemporaneo. La statua ignea della santa è attribuita allo scultore Giovanni Mainoldi di Varallo. [Foto altare S.Anna]:
Le cappelle Le 5 cappelle raffigurano i misteri gaudiosi: l’Annunciazione, la visita a S. Elisabetta, la Natività, la Presentazione di Gesù al tempio e la Perdita di Gesù. [Planimetria con legenda] Esse furono addossate alla Chiesa in un secondo tempo, probabilmente nei primi decenni del XVIII secolo grazie alle offerte in denaro ed in lavoro degli abitanti di Coggiola. Nel corso dei secoli hanno subito diversi restauri, molti documentati dalle scritte sulle pareti interne. [foto cappella Annunciazione] La cappella dell’Annunciazione risulta essere la più interessante dal punto di vista architettonico e statuario. Le statue della Vergine, dell’arcangelo Gabriele e della colomba sono in legno a grandezza naturale mentre tutte le altre statue delle cappelle sono in terracotta e rifinite solamente nelle parti visibili dall’esterno, secondo una tecnica utilizzata anche nel Sacro Monte di Varallo.
Le stanze dell’eremita Le stanze dell’eremita, presenti sin da subito, sono quelle collocate al di sopra della sacrestia, con accesso dalla scala esterna. I locali sono estremamente semplici e spogli, con pareti intonacate e solai ed infissi in legno. Qualcosa sul mobilio/arredo?
La galleria degli ex-voto Nel 1730-34 vi fu il primo importante ampliamento della chiesa, con la realizzazione della facciata attuale: il portico e la relativa galleria loggiata soprastante. Questa collega la galleria a valle che serve le stanze dell’eremita con il salone e le camere a monte.
Sulle pareti della galleria sono conservati gli ex-voto, testimonianze della fede del popolo e della fama che il Santuario aveva raggiunto anche oltre i confini del biellese e del vercellese. Nel biellese è conservato quasi un migliaio di tavolette votive, censite e schedate dal DocBi (Centro Studi Biellesi)(4) per portare avanti un’opera di valorizzazione del patrimonio artistico legato alla devozione popolare: di queste, ben 120 appartengono al Santuario del Cavallero(5) . [foto ex voto di Bassignana] 1747: L’ex voto più antico raffigura due cavalieri duellanti e proviene da Bassignana, in provincia di Alessandria.
Il salone
(….)
La piazza-ponte Nel 1713, al posto della passerella originale che potrebbe aver dato il nome al rio, venne realizzato un piccolo ponte in pietra. Questo risultò però presto insufficiente ad accogliere i visitatori e nel 1749 venne ampliato tanto da permettergli di fungere da piazza. [foto della data incisa] 1713: anno di realizzazione del primo ponticello in pietra Divenuto pericolante in seguito ad una piena del rio, nel 1925 il ponte venne rinforzato con strutture in acciaio, fino a raggiungere la conformazione attuale.
[foto della piazza-ponte] Il ponte che fa da piazza e la piazza che fa da ponte: nelle giornate estive si incontrano famiglie che sostano per un pic-nic, gruppi di amici che vanno al torrente ed escursionisti. (4) https://www.docbi.it/modules/smartsection/item.php?itemid=132 (5) Novello Ido, Le tavolette votive del santuario del Cavallero, Biella, DocBi, 1986
L’eremita Fin dalla sua fondazione, nel Santuario viveva un eremita: un uomo devoto e amante della solitudine che, munito di patente vescovile, questuava le elemosine ed accudiva al Santuario. Si legge nel resoconto della visita pastorale del 2 ottobre 1692 che “attualmente è al servizio dell’oratorio un eremita di nome Alberto Aprile, in possesso di patente vescovile ed avente come propria dimora due locali vicino alla chiesa”. Vari eremiti si succedettero, sino a Giorgio Piletta fu Giacomo, morto nel 1898, che fu l’ultimo. L’eremita divenne nel corso degli anni una figura caratteristica per gli abitanti di Coggiola. Egli vestiva un saio color marrone, trattenuto in vita da un cordone di canapa, questuava le elemosine, accudiva alle api, che davano la cera per le candele ed il miele che veniva venduto, coltivava ortaggi, cereali e frutta sui terrazzamenti a monte del Santuario…L’eremita, che abitava in due camerette annesse alla chiesa, coltivava ortaggi sui terrazzamenti posteriori, gestiva delle arnie da cui ricavava il miele, produceva l’olio di noci e si occupava di tutti i compiti necessari al buon funzionamento del complesso.
Il Santuario
Brevi cenni di storia
Originariamente nel punto di confluenza tra il rio Cavallero(1) ed il torrente Sessera sorgeva una cappelletta con atrio, mantenuta dai pastori degli alpeggi circostanti e che serviva loro anche da ricovero. Secondo le fonti del luogo, per essa i pastori si erano impegnati a donare il primo vitello nato da ogni giovenca.
La leggenda racconta che nel 1678 la Madonna apparve qui ad una ragazza sordomuta, Antonia Angelino da Grisa (detta “la Toniola”), ridonandole miracolosamente la parola e l’udito.
[Foto del dipinto dell’apparizione] Dipinto murale di Pietro Lace di Andorno che rievoca l’apparizione miracolosa della Vergine alla pastorella. E’ visibile la scritta “Sic vidimus eam anno 1678 – Eam et nobis” (“Così l’abbiamo vista nel 1678 – A gloria Sua e nostra”)
Per commemorare questa grazia, qualche anno dopo gli abitanti di Coggiola iniziarono a realizzare una chiesa dedicata a Marie ad Nives, la “Madonna delle Nevi” e nel 1692, come attestato dai documenti della Visita Pastorale, le parti murarie furono pressoché completate.
La realizzazione di una chiesa su di un luogo già sacro, che ne conserva però la topografia ed i valori primitivi, è un intervento in linea con la politica della Controriforma e piuttosto comune nel Biellese e nella Valsesia di questo periodo.
Fin da subito l’oratorio del Cavallero venne affidato ad un eremita in possesso di “patente vescovile”(2) : questa figura rimarrà custode del santuario fino alla fine del 1800.
Nel corso del secolo successivo il Santuario, ormai insufficiente ad accogliere i visitatori, venne progressivamente ampliato attraverso nuove opere architettoniche. Negli anni 1730-1734 fu aggiunto il porticato adiacente all’ingresso principale e la relativa galleria superiore. Nel decennio 1756-1766 si aggiunsero le camere ed il salone con il soffitto in cassettoni di noce, affrescato nella seconda metà del 1800.
(1) Il termine Cavallero ha origine incerta: potrebbe derivare da “cavaller”, nome che indicherebbe la passerella antecedente all’attuale ponte, oppure dalla soprastante frazione di Rivò, dove i Principi di Masserano tenevano i cavalli.
(2) Nel 1692 Alberto Aprile era l‘eremita designato dal Vescovo.
L’architettura
La struttura del complesso
Il Santuario è composto da una chiesa del seicento intorno alla quale si sviluppano diversi ambienti aggiunti nel corso di successivi ampliamenti che rendono la struttura piuttosto articolata. Tra questi: le stanze dell’eremita, la galleria degli ex-voto, il salone e le camere.
[Foto esterno] Vista del santuario del Cavallero dalla piazza-ponte, con la cupola, il campanile e l’abitazione dell’eremita. Il complesso architettonico è stato eretto tra XVII e XVIII secolo.
La chiesa
La chiesa, in stile barocco piemontese, è a forma di croce latina e sormontata da una cupola a calotta sferica impostata all’incrocio tra la navata unica ed il transetto, di lunghezza rispettivamente di 23,50 m e 12,50 m. Il presbiterio è più stretto della navata. La sua volta, posta ad una quota più bassa è raccordata con il livello della cupola con un arco finemente dipinto e decorato.
[Planimetria con legenda]
L’interno è tuttora ornato da stucchi valsesiani realizzati da artigiani sconosciuti, mentre i dipinti delle pareti e della volta sono del pittore Pietro Lace di Andorno.
[Foto] La scritta G.P.F.F. 1698 sulla volta affrescata del presbiterio indica probabilmente le iniziali del committente e l’anno di ultimazione.
[Foto dell’interno] L’interno della chiesa è decorato da dipinti e da pregevoli stucchi valsesiani.
In origine i due fulcri sacri della chiesa seicentesca erano l’altare maggiore (che ospitava una statua lignea della Madonna) ed il tabernacolo (dove ogni 5 agosto veniva esposto il Santissimo in occasione della festa della Beata Vergine della Neve).
Gli altari
L’altare maggiore, già presente nel 1692, sosteneva la statua in legno dorato e dipinto raffigurante la Vergine col Bambino, il cui autore è incerto (3) .
[Foto altare]: Le cariatidi che sostengono l’architrave, le colonne e l’ancona mostrano influenze valsesiane.
Nel 1732, la statua venne nuovamente indorata e la Vergine ed il Bambino furono incoronate con due corone di rame argentato da Pietro Paolo Aymone quale maggior offerente. Alla solenne cerimonia partecipò un “ben numeroso e decoroso clero […] oltre un gran concorso di popolo si d’contorni et de altri luoghi” (Libro dei Conti): furono due giornate di festa, con musica, canti e giovani vestiti da angeli.
(3) La statua viene attribuita agli Aureggio-Termine di Biella da Lebole D., ed a Giovanni Mainoldo da S.Stefani Perrone.
[Foto base cupola]: l’uomo che si sporge dalla balaustra affrescata alla base della cupola è quasi sicuramente un Aymone: questa famiglia di avvocati, notai, ecclesiasti faceva parte dell’oligarchia locale e furono tra i principali committenti e patroni del Santuario.
L’altare laterale di S. Giuseppe, posto nella nicchia a nord, venne realizzato nei primi decenni del 1700 e la statua vi fu trasportata solennemente nel 1743, dove fu incoronata da Paolo Pietro Aymone. Essa era stata scolpita nel legno da un artista ignoto nel 1735, dorata dall’artigiano valsesiano, Martello nel 1741.
[Foto altare S. Giuseppe]:
L’altare di S. Anna, collocato a sud, deve essere contemporaneo. La statua ignea della santa è attribuita allo scultore Giovanni Mainoldi di Varallo.
[Foto altare S.Anna]:
Le cappelle
Le 5 cappelle raffigurano i misteri gaudiosi: l’Annunciazione, la visita a S. Elisabetta, la Natività, la Presentazione di Gesù al tempio e la Perdita di Gesù.
[Planimetria con legenda]
Esse furono addossate alla Chiesa in un secondo tempo, probabilmente nei primi decenni del XVIII secolo grazie alle offerte in denaro ed in lavoro degli abitanti di Coggiola. Nel corso dei secoli hanno subito diversi restauri, molti documentati dalle scritte sulle pareti interne.
[foto cappella Annunciazione]
La cappella dell’Annunciazione risulta essere la più interessante dal punto di vista architettonico e statuario. Le statue della Vergine, dell’arcangelo Gabriele e della colomba sono in legno a grandezza naturale mentre tutte le altre statue delle cappelle sono in terracotta e rifinite solamente nelle
parti visibili dall’esterno, secondo una tecnica utilizzata anche nel Sacro Monte di Varallo.
Le stanze dell’eremita
Le stanze dell’eremita, presenti sin da subito, sono quelle collocate al di sopra della sacrestia, con accesso dalla scala esterna.
I locali sono estremamente semplici e spogli, con pareti intonacate e solai ed infissi in legno.
Qualcosa sul mobilio/arredo?
La galleria degli ex-voto
Nel 1730-34 vi fu il primo importante ampliamento della chiesa, con la realizzazione della facciata attuale: il portico e la relativa galleria loggiata soprastante. Questa collega la galleria a valle che serve le stanze dell’eremita con il salone e le camere a monte.
Sulle pareti della galleria sono conservati gli ex-voto, testimonianze della fede del popolo e della fama che il Santuario aveva raggiunto anche oltre i confini del biellese e del vercellese. Nel biellese è conservato quasi un migliaio di tavolette votive, censite e schedate dal DocBi (Centro Studi Biellesi)(4) per portare avanti un’opera di valorizzazione del patrimonio artistico legato alla devozione popolare: di queste, ben 120 appartengono al Santuario del Cavallero(5) .
[foto ex voto di Bassignana] 1747: L’ex voto più antico raffigura due cavalieri duellanti e proviene da Bassignana, in provincia di Alessandria.
Il salone
(….)
La piazza-ponte
Nel 1713, al posto della passerella originale che potrebbe aver dato il nome al rio, venne realizzato un piccolo ponte in pietra. Questo risultò però presto insufficiente ad accogliere i visitatori e nel 1749 venne ampliato tanto da permettergli di fungere da piazza.
[foto della data incisa] 1713: anno di realizzazione del primo ponticello in pietra
Divenuto pericolante in seguito ad una piena del rio, nel 1925 il ponte venne rinforzato con strutture in acciaio, fino a raggiungere la conformazione attuale.
[foto della piazza-ponte] Il ponte che fa da piazza e la piazza che fa da ponte: nelle giornate estive si incontrano famiglie che sostano per un pic-nic, gruppi di amici che vanno al torrente ed escursionisti.
(4) https://www.docbi.it/modules/smartsection/item.php?itemid=132
(5) Novello Ido, Le tavolette votive del santuario del Cavallero, Biella, DocBi, 1986
L’eremita
Fin dalla sua fondazione, nel Santuario viveva un eremita: un uomo devoto e amante della solitudine che, munito di patente vescovile, questuava le elemosine ed accudiva al Santuario.
Si legge nel resoconto della visita pastorale del 2 ottobre 1692 che “attualmente è al servizio dell’oratorio un eremita di nome Alberto Aprile, in possesso di patente vescovile ed avente come propria dimora due locali vicino alla chiesa”.
Vari eremiti si succedettero, sino a Giorgio Piletta fu Giacomo, morto nel 1898, che fu l’ultimo.
L’eremita divenne nel corso degli anni una figura caratteristica per gli abitanti di Coggiola.
Egli vestiva un saio color marrone, trattenuto in vita da un cordone di canapa, questuava le elemosine, accudiva alle api, che davano la cera per le candele ed il miele che veniva venduto, coltivava ortaggi, cereali e frutta sui terrazzamenti a monte del Santuario…L’eremita, che abitava in due camerette annesse alla chiesa, coltivava ortaggi sui terrazzamenti posteriori, gestiva delle arnie da cui ricavava il miele, produceva l’olio di noci e si occupava di tutti i compiti necessari al buon funzionamento del complesso.
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